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L'uomo e l'artista

 
L'uomo...

di Giordana Perosino

Un Io tormentato

Mario Perosino è un pittore che ha vissuto esclusivamente per l’arte, che ha fatto della stessa  la sua unica ragione di vita. Un artista “puro”, lontano dalla realtà complicata di oggi , immerso in un mondo fatto di miti antichi, di eroi, di dame e cavalieri. 

Fin da giovanissimo ha sentito l’esigenza di esprimersi attraverso il disegno e la pittura, di studiare i grandi maestri dell’arte, da cui ha imparato tutto e dai quali ha sempre tratto ispirazione.

Ha cominciato a disegnare il mondo che lo circondava: animali, paesaggi, il torrente Borbore, i familiari e coloro che frequentavano la sua casa. Si è esercitato a lungo ritraendo l’amata madre, il padre, cogliendo quella parte più intima della loro anima, quella che sfugge a chi guarda la realtà in modo superficiale e distratto.

I suoi maestri sono stati Raffaello, Caravaggio, Leonardo…e poi naturalmente Michelangelo, il più amato, il suo mito. I grandi gli hanno fatto scuola attraverso le loro opere, studiate sui libri, guardate e osservate migliaia di volte, nei minimi dettagli, in modo quasi maniacale, ma anche dal vero, nelle Pinacoteche, veri luoghi di pellegrinaggio quasi religioso per un giovane che amava la pittura fino al punto di dedicarle l’intera esistenza, totalmente, senza riserve, quasi trascurando la vita vera, negandosi alle sue fastidiose richieste di doveri, di sopportazioni, di rinunce e a volte persino negandosi alle sue gioie inattese, perché incapace di godere di qualsiasi altra cosa che non fosse il disegno, la pittura.

Perosino si è volontariamente o involontariamente rinchiuso in una sorta di prigione popolata di fantasie surreali, incubi terrificanti, demoni, angeli caduti, eroi greci e personaggi biblici, filosofi antichi e protagonisti letterari, dame sublimi e cavalieri solitari, dei e semidei, personaggi provenienti da un passato antichissimo o addirittura da un futuro misterioso che solo nei suoi quadri venivano liberati ed espressi in tutta la loro dolorosa, orgogliosa ed eroica esistenza.

Una volta acquisita profondamente la tecnica del disegno e della pittura - nelle sue opere ritroviamo infatti, sia nella tecnica, sia nei soggetti, tutta la storia dell’arte - Perosino ha cominciato a esprimere ciò che aveva dentro, a far uscire dalla prigione della sua mente le sue fantasie, le sue paure, i suoi tormenti, le sue speranze, i suoi desideri, per imprigionarli nuovamente, ma stavolta sulla tela, sulla carta, su tavole di legno, in modo da gridare al mondo tutto il suo io interiore, complicato e torturato.

Non è stato facile condividere l’esistenza con un artista  come Perosino, che era capace di amare le persone che lo circondavano solo fagocitandole nel suo mondo tormentato, negando a loro, come a se stesso, l’ esigenza dei comuni mortali di condurre una vita “normale”, fatta di relazioni, azioni, affetti, amicizie. Come la sua vita gravitava intorno all’arte, gli altri, i non artisti, dovevano gravitare intorno a lui, capirlo attraverso le parole, che gli fluivano inarrestabili in un dire perentorio e chiuso al dialogo, ma capirlo soprattutto attraverso le sue rappresentazioni fantastiche da cui emergeva il suo io profondo, tormentato, tormentoso.

D'altronde non la parola, ma la pittura era il suo unico, vero, strumento di comunicazione, attraverso la quale chi lo amava o chi lo frequentava doveva comprenderlo.

Anche se  non c’e’ più fisicamente, egli è fortemente presente nelle sue opere, anzi, forse il vero Mario Perosino lo si riconosce solo adesso che di lui è rimasta la parte migliore, la più bella, la più intensa e la più comunicativa. I suoi dipinti ,ci raccontano di lui, della sua complicata vita interiore e osservandoli bene, si scopre che dietro alle maschere dei suoi guerrieri grigliati e dei suoi gladiatori, che spesso hanno il dito indice o addirittura le mani  protese verso chi guarda, quasi a cercare di catturarne l’attenzione, c’è proprio lui, un uomo che chiede con tutte le sue forze di uscire da quella prigione che si è costruito intorno e da cui non è più riuscito a fuggire; quel dito indice è forse anche un atto di accusa verso il mondo che non voleva o non poteva capirlo appieno.

I suoi dipinti sono anche popolati da bellissime dame, cortigiane, come le chiamava lui, donne che esprimono dolcezza e grazia infinita, spesso hanno in mano dei fiori o tengono fra le braccia un gatto o un altro animale e sono ornate con gioielli e copricapi sontuosi. Sono pura espressione estetica, l’ideale di bellezza rinascimentale, ideale nel quale Perosino si rifugiava magari per placare l’anima in pena, per allontanarsi dalle sue angosce.

Forse, solo adesso che di lui è rimasto il suo lato migliore, sublimato nell’arte e dall’arte, posso cominciare ad amarlo davvero, non solo come artista, ma anche come padre ed esprimere il mio affetto avendo cura delle sue opere e facendo sì che abbiano il giusto riconoscimento come patrimonio artistico e culturale

Giordana Perosino

 

 

 

 

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